Ospitalità eucaristica

Riportiamo qui di seguito l’audio della conferenza sull’Ospitalità eucaristica del 24 gennaio 2020 tenutasi nella nostra chiesa, nonché il testo sintetico degli appunti che il prof. Paolo Ricca ci ha voluto inviare, essendo impossibilitato a venire per motivi di salute.

Sintesi del prof. Paolo Ricca.

I Che cos’è l’Ospitalità eucaristica ?

È una pratica cristiana per la quale ogni chiesa considera benvenuto o benvenuta qualunque cristiano o  cristiana di un’altra chiesa che desideri e liberamente decida di partecipare alla Cena del Signore in quella chiesa, diversa dalla propria. Per la regola della reciprocità, che caratterizza i rapporti fraterni fra cristiani (dove c’è fraternità, c’è reciprocità; dove non c’è reciprocità, non c’è vera fraternità), ogni cristiano o cristiana, a qualunque chiesa appartenga, si considera invitato dal Signore a partecipare a qualunque mensa eucaristica, dovunque venga allestita. Questo significa in concreto che, per esempio, un cristiano o una cristiana cattolici sono invitati a benvenuti a partecipare alla Cena celebrata in una chiesa riformata, e, inversamente, un cristiano o una cristiana riformati sono invitati e benvenuti a partecipare alla Cena celebrata in una chiesa cattolica. In altri termini, Ospitalità eucaristica significa che ogni Cena del Signore, in qualunque chiesa venga celebrata, è aperta a tutti i cristiani, a qualunque chiesa appartengano.

Ci sono delle condizioni a questa partecipazione ? Ce ne sono due. La prima è che è cristiani che partecipano a una Cena diversa da quella celebrata nella propria chiesa, sappiano quello che fanno. La seconda è quella indicata dall’apostolo Paolo, e cioè che «discernano il corpo del Signore» (I Corinzi 11,29)  –  che lo discernano sia nella Comunità celebrante, sia nella condivisione del pane e del vino offerti da Gesù. La Cena infatti non è un picnic religioso, ma un incontro col Signore vivente e i fratelli e le sorelle da lui convocati.

II Quali sono le ragioni dell’Ospitalità eucaristica ?

Le principali sono tre.  (1) La prima è che, come tutte le Chiese affermano (ma poi non si comportano in coerenza con quello che dicono), la Cena è del Signore, e non di queste o di quella Chiesa, grande o piccola che sia. Questo significa che alla mensa del Signore siamo tutti ospiti, e solo ospiti. L’Ospitalità eucaristica è fondamentalmente la sua, ed è la sua che fonda la nostra; la nostra non è altro che il prolungamento della sua. La conseguenza principale del fatto che alla mensa del Signore siamo tutti ospiti, è che non siamo noi a poter stabilire la lista degli invitati. Non siamo autorizzati a escludere qualcun, privatizzando la Cena, come se fosse nostra. Non possiamo mai dimenticare che Gesù non ha escluso neppure Giuda.   (2) La seconda ragione è che ciò che unisce i cristiani nella celebrazione della Cena sono il pane, il vino e le parole pronunciate da Gesù sul pane e sul vino. Queste tre cose esistono (in varie forme!) nelle celebrazioni eucaristiche di tutte le Chiese. La condivisione di queste tre elementi è il vincolo profondo che non solo autorizza, ma incoraggia la partecipazione comune alla Cena da parte di tutti i cristiani, in qualunque chiesa sia celebrata. Quello che divide i cristiani non è la Cena, ma la sua interpretazione. Ma le interpretazioni, di qualunque tipo esse siano (variano infatti molto: dalla transustanziazione all’interpretazione simbolica!), non sono costitutive della Cena. Perché non lo sono ? per il fatto semplice, ma decisivo, che né Gesù, né Paolo, né alcun altro apostolo, né alcun pastore, vescovo o teologo della Chiesa antica, hanno mai ritenuto di dover spiegare la Cena, e quindi interpretarla. E non saremo certo noi che possiamo presumere di spiegare quello che né Gesù né Paolo hanno spiegato!

Questo non significa che è vietato interpretare la Cena. Significa che l’interpretazione, pur necessaria o quanto meno utile, non è, come s’è appena detto, costitutiva della Cena: Gesù l’ha istituita senza spiegarla, quindi senza interpretarla. Questo vuol dire due cose. La prima è che ogni interpretazione è lecita, ma nessun può pretendere di essere quella di Gesù, e quindi di essere rivestita della sua autorità. Tutte le nostre interpretazioni sono umane, più o meno convincenti, ma nessuna è normativa per la fede, essendo priva di autorità apostolica. La seconda è che nessun cristiano, partecipando alla Cena nella propria chiesa o in una diversa dalla propria, è tenuto a rinunciare alla propria interpretazione, ma neppure gli è lecito imporla ad altri come condizione per vivere la comunione eucaristica offerta da Gesù che, lo ripetiamo,è comunione nel pane, nel vino e nelle sue parole, e non in questa o quella delle diverse interpretazioni possibili.

(3) La terza ragione è che quando una Chiesa, qualunque essa sia, celebra la Cena del Signore, compie un rito (se così lo vogliamo chiamare) che trascende i confini di quella Chiesa e appartiene alla Chiesa universale, che è quella di tutti i cristiani e di cui solo Dio conosce i membri. La stessa cosa vale per il Battesimo: chi viene battezzato «nel nome di Gesù» come a Pentecoste (Atti 2,38), o «nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo» secondo la parola di Gesù (Matteo 28,19), in qualunque Chiesa storica il battesimo avvenga, appartiene alla Chiesa universale: è un battesimo valido per tutte le chiese. Analogamente, la Cena del Signore non appartiene a chi la celebra, ma a coloro ai quali il Signore la offre, cioè a tutti i cristiani. Ecco perché tutti i cristiani hanno diritto (se cosìlo vogliamo chiamare) di parteciparvi, come invitati e ospiti del Signore.

Queste sono le tre ragioni principali per le quali l’Ospitalità eucaristica non soloè possibile, ma merita di essere consigliata e raccomandata.

III Qual è il valore dell’Ospitalità eucaristica ?

È duplice. In primo luogo essa rivela che i cristiani, nelle cose fondamentali della fede, sono già oggi più uniti di quello che la persistente divisione delle Chiese lascerebbe supporre. Questa unità nelle cose fondamentali esiste realmente, ed è bene che l’Ospitalità eucaristica ne sia un segno. È vero che su diverse questioni non secondarie le divergenze anche profonde permangono,.Lo sappiamo e lo teniamo ben presente.  Ma non c’è solo divisione tra i cristiani, e comunque è indubbio che oggi siamo meno divisi di ieri. E come in una famiglia, o tra amici, non c’è bisogno di essere d’accordo su tutto per partecipare a una cena comune, così i cristiani non hanno bisogno di essere d’accordo su tutto per accettare l’invito di Gesù a sedersi alla sua mensa: basta riconoscersi come fratelli e sorelle, nonché come peccatori perdonati, e riconoscere Gesù come nostro comune Signore e Salvatore.

C’è chi sostiene che prima ci dev’essere l’unità,e solo dopo si potrà partecipare insieme alla Cena. Ma a parte il fatto che l’attuale apartheid eucaristico praticato dalle Chiese è sicuramente un’infedeltà palese al volere di Gesù, noi riteniamo che l’Ospitalità eucaristica non sia un’anticipazione illecita, o una velleitaria fuga in avanti, ma un passo concreto nella direzione giusta e un notevole incentivo ad accelerare il cammino verso l’unità.

Il secondo valore dell’ospitalità eucaristica è proprio che è una comunione nelle differenze, oppure, detto con altre parole, un modello di »«diversità riconciliata». C’è comunione perché c’è condivisione del pane, del vino e delle parole di Gesù, e ci sono le differenze (di interpretazione) che permangono, ma non impediscono la comunione, non essendo costitutive della Cena. La comunione nelle differenze, o diversità riconciliata, è proprio il tipo di unità cristiana verso il quale si sta muovendo il Movimento ecumenico, e che ha nell’Ospitalità eucaristica una felice anticipazione. (Paolo Ricca)