Ascoltate il buon pastore!

Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore. Il mercenario, che non è pastore e al quale non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e si dà alla fuga (e il lupo le rapisce e le disperde), perché è mercenario e non si cura delle pecore. Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie conoscono me, come il Padre mi conosce e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. Ho anche altre pecore, che non sono di quest’ovile; anche quelle devo raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore. (Giovanni 10:11-16)

(Podcast)

Nell’Antico Testamento l’immagine di Dio come il Buon Pastore era in contrasto con i cattivi pastori di Israele, con le sue cattive guide. Ed anche qui Gesù è in opposizione ai falsi pastori di Israele, cioè ai capi spirituali, politici e sacerdotali di Israele. Persone che pretendevano di essere da guida per il popolo al posto di Gesù Cristo, che qui –come anche in altri passi– si presenta invece proprio come il Buon Pastore, qualifica propria del Signore e quindi come Dio stesso venuto in terra.

I cattivi pastori qui vengono presentati come mercenari, non ladri come in altri passi, coloro che non hanno a cuore il popolo veramente. Mentre il buon pastore è proprio il proprietario del gregge e dunque dà addirittura la vita per loro, dice Gesù con un chiaro riferimento alla sua croce per la nostra salvezza.

Gesù parla della salvezza dicendo che dà la vita, la sua vita, per le pecore, e questo ci parla di vita in abbondanza, cioè di vita eterna fin d’ora (ricordate: nulla mi manca!), una vita con un senso e una profondità nuove, oltre che vita infine nel suo Regno.

Proprio perché Egli è il proprietario delle le pecore, Gesù Cristo è l’unico e autentico pastore. Fra l’altro, infatti, anche se qui sta parlando agli ebrei di quel tempo, l’altro gregge cui si riferisce saranno i pagani che diverranno cristiani e quindi il vero buon pastore d’Israele, è in realtà il Salvatore del mondo, il buon Pastore dell’umanità.
Mi fa sempre pensare che sia stato scelto per i vescovi e poi per i pastori riformati questo titolo, che non lascia certo indifferenti. Quando leggiamo queste parole, che Gesù Cristo è l’unico vero pastore, quelli che hanno questo incarico, sanno di essere tutt’altra cosa dal Signore, anche se ne dovrebbero seguire l’esempio di dedizione. E ciò vale per tutti i cristiani d’altronde, ma siamo solo esseri umani, con tutti i nostri limiti…

Qui però c’è uno sviluppo: le pecore ascoltano la sua voce, non solo Gesù Cristo ci conosce individualmente, ci fa grazia non in maniera generica, e non ignora le nostre reali necessità, e ci dà una guida, ma ognuno ascolta la sua voce. Ascolteranno la mia voce dice anche al futuro.

C’è quindi una relazione personale con Gesù Cristo e una conoscenza reciproca (analoga e non uguale a quella del Cristo con il Padre). Ciò porta anche a una grande rassicurazione: in questo mondo pieno di voci contrastanti che interferiscono con il nostro vero vivere, dobbiamo essere sicuri che il Signore si farà sentire da noi.

Oggi, dunque Certamente la realtà dei pastori della Palestina di quel tempo è molto lontana dalle esperienze attuali, sia dei cittadini, sia anche dei contadini d’oggi. Inoltre, ancor di più: chi vuole sentirsi dare della pecora, di essere parte di un gregge al giorno d’oggi? Siamo tutti molto superbi e pensiamo di ragionare solo con la nostra testa.

È proprio qui che cadiamo, per superbia, in un paradosso. Ascoltiamo in modo “ingenuo” gli altri, anche se non ci sembra. In ogni tempo, ci sono sempre persone che vogliono essere o cercano di essere o sono di fatto guide per gli altri: politici, persone influenti culturalmente, alle volte giornalisti, maestri che magari vanno oltre la loro funzione educativa o coloro che amano presentarsi come ispirati, quelli che pensano di sapere sempre meglio degli altri come si dovrebbe fare, ma anche semplicemente chi sentenzia in rete… E proprio questi pastori vengono ascoltati, sia pure per qualche tempo, senza valutarne l’affidabilità. Perché?

Ascoltare la voce di Gesù Cristo in mezzo a tanti che pur senza dirlo vogliono essere delle guide, si può fare solo iniziando con umiltà a riconoscere che abbiamo bisogno realmente di una vera guida, di un buon pastore, e che ha autorità solo se è quello divino.

Mi spiego, per non essere preda di cattivi pastori, non ci si può affidare ad una persona umana la guida della propria vita, e attenzione neanche solo a noi stessi.

Certo si deve ragionare con la propria testa, rischiare in prima persona e si deve però anche ascoltare gli altri, cercando però in un cammino comunitario l’unico Buon Pastore. Di farlo, cioè, in modo comunitario riconoscendoci come parte dell’unico gregge che confida nel Salvatore.

Ma non deve essere solo una posizione di principio, sterile. Si tratta, in tutte le situazioni, di cercare attraverso la fede e la Scrittura Gesù Cristo stesso, di cercare di distinguere la sua voce in mezzo alle altre nel mondo. Allora troveremo la sua voce che ci parla.

Allora, anche nei momenti critici dell’esistenza, sentiremo la presenza di Gesù come buon pastore reale e concreta per la nostra vita. E affronteremo con più consapevolezza e coraggio il presente.

Affidandoci alla guida spirituale di Cristo potremo vivere pienamente la realtà quotidiana, non dimenticando la complessità dell’umanità, ma con la certezza che c’è un Buon Pastore che ci guida e a cui solo rendere gloria. Amen